Nel mezzo della più acuta crisi economica, umanitaria, sociale ed ambientale della storia dell’uomo, un movimento internazionale di giornalisti, ricercatori, esperti di biomimicry, ecopsicologia, nature connection e business inspired by nature sostiene che siamo sulla soglia di un cambiamento epocale del nostro modo di vivere e lavorare, con la fine del capitalismo e del consumismo e l’inizio di una quinta rivoluzione industriale che si baserà sulla sharing economy e sulla riprogettazione dei sistemi di produzione e commercio in modo da incorporare i Life’s Principles (i principi di organizzazione dei sistemi viventi) nei sistemi organizzativi umani.
Ma cerchiamo di capire da dove arriviamo.
LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE* ebbe luogo nella seconda metà del ‘700 e interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l’introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore.
LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE viene fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio.
LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE* si riferisce agli effetti dell’introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica nell’industria come alla terza rivoluzione industriale, che viene fatta partire dal 1970.
LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE non ha ancora una data precisa, ma si riferisce alla massiccia presenza di internet e dei sistemi cloud nel mondo del lavoro, unitamente all’integrazione di sistemy cyber-fisici, con macchine cosidette “intelligenti” (io non userei questo termine applicato ad una macchina, in ogni caso!) in grado di interagire con l’uomo.
Questi 4 step di rivoluzione progressiva del modo con cui l’uomo si procura di che mangiare e vivere hanno portato appunto all’attuale crisi globale, e questo risultato catastrofico per la popolazione mondiale /umana e non umana) dimostra quanto ognuno di questi 4 step fosse fondato su due grandi illusioni:

  1. Possiamo crescere senza limiti.
  2. Le risorse della terra non avranno mai fine.

Oggi sappiamo che non possiamo continuare a sperare che sia così.
I convenzionali modelli di produzione industriale sono messi in discussione da questa drammatica condizione planetaria, a cui occorre trovare, subito, un rimedio.

“We cannot solve the problems in the world with the same level of thinking that brought them about in the first place”.
[Albert Einstein]

LA QUINTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE è la rivoluzione, già in corso, che vedrà esplodere le economie collaborative e rinascere quel naturale senso di affiliazione fra uomo e natura (la biofilia innata di ogni essere vivente) che è stato spazzato via dal positivismo.
Grazie a Cartesio e al suo “Cogito ergo sum“, tutto l’essere è stato infatti spostato nell’uomo, spogliando la natura di vita e intelligenza, e rendendola così una materia inerte da depredare e spogliare.
Con questa operazione, l’uomo si è ritrovato solo in un mondo desanimato, solo contro gli elementi naturali, di cui si è nominato padrone, libero di disporne a proprio piacimento e volontà, senza considerare l’impatto della propria azione nell’orizzonte ecosistemico più ampio, con i suoi delicati equilibri fra le diverse specie che lo abitano, di cui l’uomo è solo una parte.
Allo stesso tempo, una natura senza vita e intelligenza era funzionale alla nascita del capitalismo, che proprio sulla dicotomia mente-corpo e uomo-natura di sorregge.

“Non vai coi bulldozer in una foresta se pensi che sia un essere vivente necessario per la tua stessa sopravvivenza”.
[Jon Young]

E ora, di fronte al fallimento conclamato di questo pensiero meccanicistico e riduzionista, stiamo finalmente rendendoci conto che è necessario recuperare un pensiero dell’inter-relazione e dell’inter-dipendenza di tutte le cose sul pianeta.
E’ il “System’s thinking“, che ha fra i suoi araldi Fritjof Capra (il famoso autore de “Il Tao della Fisica”), Peter Senge, Derek Cabrera.
Recuperando la consapevolezza della nostra connessione con il cosmo vivente, possiamo recuperare il senso profondo di compartecipazione alla vita e la responsabilità di contribuire al suo mantenimento, adoperandoci perchè il nostro passo sia sostenibile per la terra che ci porta.
Così, il business riorienta la propria direzione, passando dal profit-based al value-based thinking, dove in quel “valore” è incluso non solo il valore per l’imprenditore, ma anche il valore umano, sociale e ambientale generato dall’impresa nell’ecosistema (più o meno locale o globale, a seconda delle dimensioni e della dislocazione) a cui appartiene e nel quale si colloca.

Come dice Giles Hutchins (autore di “The Nature of Business”):
“La filosofia del Take – Make – Waste ha portato all’intossicazione della terra e dell’acqua. […] Il business convenzionale, come è stato portato avanti finora, aveva una concezione incompleta del termine “profitto”. Ma nei costi e nel valore di un prodotto, infatti, non sono abitualmente incluse molte variabili inerenti ai costi e al valore sociale e ambientale di quel prodotto e di quel processo produttivo. Il prezzo che paga il consumatore non riflette il vero, e completo, valore di quel prodotto o servizio. Quindi il modo convenzionale di calcolare costi e profitti, e incompleto.”

Iniziative come “Sustainable Brands” dà la misura di quanto questo nuovo approccio alla generazione di valore da parte di un’impresa approccio sia ormai da qualche anno penetrato anche nelle maggiori società del mondo. E questo ci deve dare speranza, e invogliare a contribuire in prima persona a cambiare il mondo: come consumatori capaci di pilotare le scelte industriali, scegliendo a chi dare i nostri soldi, a quali brand, in base alla loro virtuosità ambientale o meno. Ma anche come protagonisti di questa rivoluzione del pensiero dell’inter-relazione, imparando a osservare ogni nostra azione attraverso 3 domande potenti, come riferisce Maia Cornacchia citando gli Indiani d’America:

“Prima di fare una cosa o di prendere una decisione fatti tre domande: questa cosa dà vita a me? Dà vita agli altri? Lascia vita dietro di sé? E se non puoi rispondere di sì alla prima domanda non la fare, perché se non dà vita a te non la dà neanche agli altri e non lascia vita dietro di sé”.

Insieme a questo mondo di imprese che puntano all’etica e alla sostenibilità (o meglio ancora: alla rigeneratività), c‘è tutto il mondo di chi queste imprese le orienta, facilita, forma: i consulenti e i formatori,i ricercatori e gli scienziati che studiano e dimostrano, misurano e validano i processi di produzione e di organizzazione più virtuosi.
Insieme a loro, le schiere di esperti di ecopsicologia, che portano la natura nella consulenza psicologica, nella terapia e nel counselling. E insieme a loro, i milioni di educatori e insegnanti, esperti di nature connection ed ecologia, maestri di scuole nel bosco e genitori con i loro figli, impegnati nel riportare la natura nella propria esperienza di vita quotidiana.
Soltanto nel “Children & Nature Network“, presenti in oltre 80 nazioni nel mondo, si contano 44 milioni di aderenti, ed è un dato non aggiornato al 2016 (anno in cui questa organizzazione internazionale è approdata finalmente anche in Italia).
Ognuno di noi ha una parte da fare, in questa quinta rivoluzione industriale.
La natura sta tornando a farsi sentire, non possiamo più ignorarla come hanno fatto negli ultimi 200 anni i nostri bisnonni e i nostri padri. Gaia sta facendo il suo corso: sta richiamando all’ordine i suoi cuccioli umani, vecchi solo di 35.000 anni, a fronte di 3,8 miliardi di anni di storia della vita sulla terra.

“Siamo una specie giovane! Abbiamo tanto da imparare dalla natura e dalle specie più vecchie di noi, su come vivere e sopravvivere, con grazie ed eleganza, su questo bellissimo pianeta”.
[Janine Benyus]

Nel mio lavoro di formatrice esperta di leadership e teamship development, propongo un nuovo modello di leadership, che guarda alla natura come maestra e prende ispirazione dalla miriade di tipi di leadership presenti in natura per trovare strategie e soluzioni per la vita sulla terra.
Da 3,8 miliardi di anni la natura affronta e risolve i nostri stessi problemi di sopravvivenza, generando un’incredibile ricchezza di risorse per tutti i viventi.
Voglio facilitare un cambio radicale nel nostro modo di concepire il nostro rapporto con la terra: dal prendere dalla natura, all’imparare dalla natura, al sentirci parte di essa con un senso di riverenza per la sua magnifica intelligenza.
E’ quello che vivo in prima persona e sprimento giorno dopo giorno, da quando ho 4 anni e mi sono trasferita ad abitare in campagna, crescendo con alberi e animali come i miei migliori amici, trovando nella natura la forza per affrontare le esperienze non facili della vita, imparando con gli alberi ad amare e a rispettare il prossimo, ad ascoltare e a sentirmi parte della meravigliosa danza della vita.
La leadership ispirata dalla natura mostra esempi e casi reali che dimostrano l’efficacia e il successo dei modelli naturali.
Puoi leggere un esempio in questo articolo, dedicato alla leadership delle oche selvatiche.
Grazie di avermi letto fin qui!
Ne sono onorata. Spero di averti lasciato qualche piccola ispiorazione, e di averti fatto venire voglia di uscire ad ascoltare un albero o ad osservare un piccolo animale nel prato o nel giardino, per cogliere una delle tante lezioni che sicuramente ha da passarti.
Alla prossima!
Diana
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*Fonte: Wikipedia.
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