Attraverso il mio lavoro con i gruppi, mi accorgo di quanto sia difficile e importante saper “stare nel non fare, ed essere nel non fare”.
Quanto i “compiti” che dobbiamo protare avanti, o gli obiettivi che ci diamo, ci portano fuori di noi, nella performance, nel “dover fare” e “dover essere”?
Quanto il fare ci de-centra, disallinea rispetto ai nostri valori, al COME davvero vogliamo raggiungere un certo COSA?
Quanto siamo attenti a presidiare la nostra presenza, la nostra motivazione, il nostro benessere, nel portare avanti il nostro lavoro, le relazioni famigliari, le cose del quotidiano?
Allora l’indicazione di “saper stare nel non fare, ed essere nel fare” svela il proprio potenziale: la possibilità di allenarci alla presenza (e al piacere della presenza) momento per momento, anche in assenza di cose da fare, o a maggior ragione in presenza di esse.
STARE NEL NON FARE: accogliere la possibilità di semplicemente vivere e ascoltare, nel punto in cui sono, senza modificare nulla, solo allargando a 360° la mia attenzione e la mia capacità di risuonare con ciò che percepisco, dentro e fuori di me, con il 100% di me (testa-cuore-pancia-piedi). E’ l’allenamento a lasciar riverberare attraverso noi stessi ciò che ci tocca da fuori, accogliendone le onde di propagazione, osservando come si dispiegano dentro di noi, quali sensi  e quale senso risvegliano, cosa mettono in movimento e cosa invece fermano. Nel non fare si svela attraverso il sentire anche un nuovo senso: il nostro essere si orienta naturalmente nella direzione di cui ha bisogno in quel momento. E’ un modo per allenarci a cogliere le indicazioni che il movimento della vita vi propone, e che spesso non riusciamo a cogliere perchè travolti dal fare, in una posizione di non ascolto di noi stessi e di tutto ciò che ci circonda.
ESSERE NEL FARE: abitare il fare con il 100% di noi, agire con la nostra presenza totale, centrati ma in ascolto, aperti e flessibili, senza farci portare via dall’azione, dagli obiettivi, dal dover fare e dover essere. Mantenere il nostro centro in una relazione dinamica con ciò che ci circonda, pronti a cogliere ogni input per orientare la nostra azione. E’ l’allenamento al “vivere l’esperienza di” una certa cosa al posto di “fare” una certa cosa. E’ l’allenamento al movimento trasparente, quella qualità del nostro muoverci che esprime cor-rispon-danza con le cose del mondo.
Osservo costantemente questa fuga dalla presenza, sia nella mia quotidianità, sia nei gruppi con cui lavoro come formatrice.
Assegno un compito, un obiettivo, e subito le persone si perdono nel fare: smarriscono la meravigliosa e autentica centratura nella loro presenza e nel loro potenziale, per rincorrere il risultato, la performance, con un’iper-reazione fatta tutta di fare e niente di essere.
Come cambierebbe il nostro benessere, se anzichè rincorrere le cose da fare lottando contro il tempo, le ascoltassimo, e ci lasciassimo risuonare con esse, prima di iniziare a fare?
Alleniamoci a un vivere trasparente, che trasforma e illumina l’opacità di un corpo macchina e meccanismo, spogliato di sensazioni e riverberi, quindi morto.
L’allenamento all’ascolto che propongo, invita le persone ad allargare le proprie radici nel momento presente, incontrando la possibilità di un tempo leeeento, la profondità del silenzio, l’ampiezza di un ascolto organico, che irradia da tutto il nostro corpo e il nostro essere. Ti aspetto alla prossima esperienza di ascolto in natura!
Intanto, hai voglia di raccontarmi come fai tu, a stare nel non fare ed essere nel fare? Cosa mette più in difficoltà coltivare la tua piena e risonante presenza?