Sabato 22 Novembre ho tenuto un workshop di Intelligenza Primitiva all’Education Barcamp di Padova.
Titolo dell’intervento: L’intelligenza primitiva – Come attivarla e come usarla nel lavoro con i gruppi.
Un’ora e mezza all’insegna dell’ascolto, della risonanza, della riattivazione dei nostri sensi, del senso di tribù, della celebrazione dell’essere insieme attraverso un breve drum circle conclusivo.
Alcuni commenti lasciati dai partecipanti a fine percorso, che riporto parola per parola senza correzioni:
- Introspettivo ed utile
- Emozionante
- Coinvolgente (2 commenti uguali di 2 persone diverse)
- Sensoriale
- “Grazie per l’attenzione che hai dedicato a noi studenti di Intelligenza Primitiva!”
- Scaricante e rassicurante
- Energizzante
- Bella atmosfera di gruppo, si riscopre la voglia di giocare
- Empatico
- Percezione allo stato puro, bello ed emozionante
- Qui ho trovato l’equilibrio!
- “Complimenti per il riuscimento di far passare emozioni primitive strettamente aliggate all’ambiente in natura… qui vissute in aula”!
Questi commenti strabelli mi hanno riempito di felicità perchè mi hanno fatto sentire che qualcosa dei miei intenti è passato ai partecipanti: il desiderio di attivare il sentire dle corpo, il gioco, le emozioni, lo spirito di gruppo, far scaricare ma anche far svuotare la testa… Il tutto creando un’atmosfera il più possibile leggera ma profonda al tempo stesso.
Poi ci sono stati altri feedback che hanno espresso uno stato di difficoltà, alcuni dei quali solo comunicati a voce al termine dell’esperienza, altri trascritti sulla lavagna dove avevo appuntato alcuni concetti chiave (vedi immagine!), o sul tabellone su cui al termine della giornata di workshop, ognuno è stato inviato a lasciare un post-it di feedback.
Uno di questi commenti ha riferito di aver scoperto un forte impaccio nel corpo, e una forte voglia di imparare a danzare per riconquistare la fluidità del movimento e sciogliere il corpo.
Poi qualcuno sulla lavagna ha scritto “pesante“, come commento personale all’esperienza. E mi piacerebbe sapere cosa intendeva il proprietario di questo commento! Se stai leggendo, scrivilo nei commenti qui sotto, per favore, è importante per me sapere come gli altri vivono le mie proposte!
Infine un commento mi ha particolarmente colpito, su un post-it giallo sul tabellone con la descrizione del mio workshop.
E lo userò qui come esercizio di apprendimento da un feedback negativo (o almeno parizalmente tale per me).
Ecco cosa dice: “Non ho apprezzato nè i contenuti nè il modo di presentarli,probabilmente perchè sono poco sensibile, interessato e molto scettico verso tematiche dal retrogusto new age. La formatrice tuttavia è dotata di un grande calore ed entusiasmo che risulta in qualche modo molto piacevole da osservare e vivere”.
DENG! Davvero colpita. Inizialmente l’ho presa male, riconoscendo il dispiacere emotivo di non riuscire a creare risonanza con tutti i partecipanti a un workshop che per me è una piccola sintesi delle esperienze e conoscenze che mi stanno così a cuore.
Poi ho preso questo feedback come occasione per riflettere sulla natura profonda del mio lavoro e del mio modo di porgerlo alle persone. E qui devo riconoscere che sicuramente il mio approccio è molto olistico, in senso etimologico, cioè rivolgendosi alla totalità (òlos) della persona e delle sue relazioni con il mondo umano e naturale. Quindi ho pensato che le prossime volte che lavoro con gruppi eterogenei dovrei esplicitare questo possibile richiamo delle mie pratiche alla new age, chiarendo perchè non sento di appartenere a quel mondo, e quali sono i riferimenti epistemologici che mi agganciano invece al mondo delle pratiche filosofiche, alla psicologia transpersonale, all’ecopsicologia, all’etnologia e all’antropologia, che da 20 anni costituiscono lo sfondo del mio studio (nonchè il contenuto della mia laurea: mi sono laureata in Fillosofia ad orientamento etno-antropologico, con una tesi in filosofia della scienza che poi è diventata il mio primo libro pubblicato nel 2005 “L’albero della musica – Tamburo, stati altri di coscienza, drum therapy“).
Io so che la mia pratica non è sempre immediata per tutti, che richiede una grande disponibilità a mettersi in gioco, uscire dal comfort del pensiero e entrare in un territorio che non alleniamo altrettanto costantemente, il territorio del nostro corpo, del sentimento interno, del cervello destro, dell’integrazione fra emisfero destro e sinisitro, del nostro Stato Alfa, della nostra creatività naturale, delle nostre connessioni primitive con la nostra natura umana, con le altre persone e con la natura che ci circonda.
Poi ho riflettutto sul fatto che i feedback che riceviamo ci raccontano qualcosa di noi, ma anche delle lenti con cui la persona che ci dà il feedback ci guarda.
Se di me il feedback ricevuto racconta sia il calore che l’entusiasmo che la patina new age, cosa mi racconta di chi mi ha dato questo feedback? Mi colpisce la definizione che l’autore dà di sè come poco sensibile e scettico.
Mi ritrovo a pensare alle parole di Stephen Buhner, al seminario di Ottobre allo Schumacher College, una fucina di futuro dove ho sentito davvero che un mondo diverso è possibile se iniziamo tutti a pensare ed agire da uno stato di connessione profonda:
“Bisogna passare dal Cogito ergo sum di Cartesio al Sentio ergo sum“. (clicca sulla frase in verde per twittarla subito!)
Tornare ai nostri sensi, tornare alle radici della nostra umanità, del nostro essere umani.
Così genereremo un mondo davvero connesso!
Con le persone e i gruppi con cui lavoro spesso mi accorgo di quanto sia difficile sentire con il corpo, sentire con il cuore … anche solo la parola “sentire” evoca una dimensione poco concreta, irreale, inaffidabile.
Il sentire d’altronde è ineffabile, e sfugge al linguaggio umano che si è dimenticato come esprimere certe esperienze interiori, a meno che non ricorra alla parola poetica (come vuole Heidegger, che nella sua “Lettera sull’Umanesimo” ci spoiega come il linguaggio è la casa dell’essere e nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora).
James Hillman ci ricorda che Psyche origina dalla Terra, e che è nella riconessione con la Terra che la nostra Psyche guarisce.
L’Ecopsicologia Radicale di Andy Fisher ci riconduce a concepire la nostra identità all’interno di una rete relazionale che inlcude la natura.
Il movimento della Deep Nature Connection di Jon Young (centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo) ci svela quanto riconquistare la nostra connessione con la natura sia fondamentale per riparare il modello culturale imperante e guarire il malessere di individui e società del mondo occidentale.
Ho studiato e sperimentato in prima persona con Stephen Buhner quanto il cuore sia un organo di senso, e ho trovato paper di ricerca scientifica che lo dimostrano (su questo scriverò presto un articolo!).
Questi studi e queste ricerche che sto facendo con passione e dedizione, mi hanno fatto capire che ciò che propongo si aggancia a un movimento internazionale di persone che stanno camminando in questa direzione, riprogettando un nuovo modello culturale che sostituisca quello che da 200 anni ci porta verso la distruzione dell’ecosistema naturale e umano.
Una direzione nuova, in cui prendersi cura della propria natura umana attraverso la cura per la natura e per il selvatico, e viceversa, e prendermi cura di me attraverso la cura per la natura umana dei miei simili.
Andy Fisher: “Sogno un mondo in cui per avere un po’ di comprensione e affetto si possa andare dai propri parenti, dai saggi del proprio quartiere, e non da un terapeuta“. (clicca sulla frase in verde per twittarlo subito!)
Questa è il sentiero della nostra Intelligenza Primitiva, sul quale camminare allineati pancia-cuore-testa, con i piedi piantati nella terra e la chioma in cerca del Sole.
Chi risuona con questa visione? Commenti? Dai scrivete qui sotto che voglio capire di più come la vedete!
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